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Usare il passaparola per promuovere servizi e prodotti nell’era della rete 2.0
Buzz Marketing è un termine entrato nel linguaggio comune piuttosto recentemente e si muove nel contesto – ormai universalmente noto – del web partecipativo e sociale (piattaforme 2.0). Si tratta di un fenomeno tanto complesso quanto cruciale che diviene di fondamentale importanza per quelle aziende (ma non solo per loro) che fanno del web il loro ambiente di lavoro e di investimento.
«I mercati sono conversazioni» è la prima (e forse più importante) tesi del Cluetrain Manifesto: le persone si fidano molto di più di ciò che sentono dire nelle reti informali piuttosto che dei canali di informazione ufficiale; ciò significa che un prodotto in grado di garantirsi un buon passaparola è un prodotto che sicuramente avrà successo, è proprio questo il fil rouge che sta alla base di questo approccio. Diventa quindi interessante (1) dare alle persone motivo di parlare di noi e (2) favorire l’instaurarsi di queste conversazioni.
La comprensione dei principi fondamentali del buzz marketing può essere, da un lato, un validissimo strumento per migliorare la propria posizione all’interno della rete e per promuovere la propria identità on-line e, dall’altro, una chiave di comprensione utilissima nelle mani di tutti i consumatori.
A titolo di completezza e di chiarezza, è opportuno fare presenti le distinzioni che popolano questo settore: possiamo infatti distinguere tre macro-aree principali sull’argomento.
Buzz Marketing: si tratta del marketing basato sul passaparola delle utenze, ovvero tutte quelle attività che si discostano da quelle tradizionalmente intese. “Buzz” è un termine onomatopeico di origine inglese che designa appunto un brusio incontrollato.
Viral Marketing: questa tipologia si differenzia dal “Buzz” – benché molto spesso considerato come suo sinonimo – per il suo carattere di volontarietà: mentre il “buzz” si diffonde molto spesso in maniera incontrollata e “dal basso”, il “viral” è molto spesso promosso dalla stessa azienda che vuole pubblicizzare un prodotto, un servizio o un bene attraverso i digital media.
Word Of Mouth Marketing: possiamo considerarlo come un sinonimo del “Buzz”, il termine significa letteralmente “passaparola” in lingua anglosassone e designa appunto un tipo di marketing differente da quello tradizionale. Molto spesso il termine è impiegato per raggruppare le altre due classificazioni.
In questa sede prenderemo in esame entrambe le modalità, dato che – entrambe – rappresentano la nuova frontiera del marketing e la direzione verso cui molti si stanno già muovendo, e molti altri – a breve – si muoveranno.
Uno dei punti chiave del “nuovo marketing” è rappresentato dai video. Non è un caso che il Times abbia dedicato a YouTube la copertina “Man of the year” del 2006.
È proprio attorno a YouTube che ruotano tutta una serie di video che dimostrano come sia possibile fare marketing e pubblicità senza nominare nemmeno un prodotto e avendo comunque un successo eclatante.
Un esempio di questi video possiamo trovarli nei canali ufficiali dedicati, come nel caso di Can’s Professional (trad. “I professionisti della lattina”) sponsorizzato dalla Coca-Cola Company per pubblicizzare i suoi prodotti. In questi video vengono effettuate evoluzioni nel lanciare le lattine nei cestini della spazzatura: il video è diventato un vero e proprio fenomeno della rete conquistandosi – meritatamente – grande seguito, soprattutto tra i più giovani. In questo caso il video virale si diffonde in maniera quasi automatica nella rete riscuotendo grande successo. Nintendo ha fatto qualcosa di simile per la sua Wii-Fit, riprendendo una ragazza mentre si divertiva ad utilizzarlo.
Tali pratiche sono per l’azienda praticamente a costo zero: al di là ovviamente delle spese di produzione per video di questo tipo (decisamente inconsistenti rispetto ai colossi che li impiegano), dobbiamo ricordare che la diffusione e la risonanza del video avvengono in maniera quasi del tutto naturale, senza che vi sia necessità di interventi dall’esterno. Di non poco conto è anche tutta quella serie di video che si collocano parallelamente a quelli ufficiali: sappiamo che YouTube è il regno dell’emulazione e della parodia, ecco dunque che nell’universo telematico si scatena un fenomeno del tutto unico che vede repliche, parodie, imitazioni e anche canzonature del video originale, che non fanno altro che aumentare la risonanza del prodotto pubblicizzato.
Un fenomeno decisamente non secondario, che non può essere sottovalutato.
I social media, nello specifico i social-network, rappresentano – ormai – la realtà preponderante della rete. Il marketing non può non tenerne conto. Le aziende più intraprendenti in questo campo si sono già ampiamente date da fare.
Apple, per esempio, ha uno spazio ufficiale dedicato agli studenti su Facebook, attraverso il quale può facilmente diffondere news, aggiornamenti e quant’altro. Adobe possiede un account ufficiale delicious, attraverso il quale cataloga e raccoglie gli articoli, i tutorial e i post più interessanti sui suoi prodotti. Altri esempi si possono ritrovare in AT&T, che ha disposto un photostream, utilizzando la piattaforma Flickr, oppure in CNN, che utilizza il servizio di microblogging offerto da Twitter per i suoi aggiornamenti.
Widget, applicazioni, YouTube, Facebook, Twitter, corporate blogging, MySpace, Flickr, social-network dedicati: sono solo alcune delle strategie che le aziende stanno impiegando per la loro promozione in rete. Peter Kim riporta – per chi fosse interessato all’approfondimento – in un lungo elenco, moltissimi di questi esempi.
Quelli che abbiamo citato noi, a titolo puramente informativo, sono solo alcuni casi di aziende che hanno saputo – e sanno – sfruttare – non solo i canali tradizionali, ma anche le vie alternative per promuovere la loro identità commerciale.
Una delle questioni che sta più a cuore alle aziende è – senza ombra di dubbio – come poter proporre il loro modello di business in rete in maniera efficace. Ecco dunque che nascono le agenzie specializzate che si occupano di costruire un’identità (sociale e professionale) dell’impresa nel Web.
Se una volta era sufficiente un sito internet che fungesse da vetrina fine a se stessa e da repository semplice per il materiale, oggi la partecipazione dell’azienda nel web deve essere di altro tipo.
La questione centrale diventa quindi quella di adottare determinate strategie per ottenere risultati efficaci in questo campo.
Proviamo a delineare alcune colonne portanti attorno al quale costruire un discorso di questo tipo. Per prima cosa dovrebbe essere necessario domandarsi se la nostra azienda abbia davvero bisogno di investire in questo senso e se, davvero, una politica del genere possa essere l’ideale per la nostra realtà. Se ci occupiamo di innovazione e internet (ma non solo) e vogliamo essere visibili ovunque una buona idea potrebbe essere quella di dedicare delle risorse alla creazione di profili aziendali su siti specifici e su social-network dedicati, promuovere la propria immagine con un blog, aprire un social-network aziendale, un canale ufficiale su YouTube, una pagina su MySpace, etc.
Ciò che non deve accadere è il farsi prendere troppo la mano e investire in maniera sconsiderata risorse che potrebbero essere gestite in maniera decisamente più intelligente per l’azienda.
Ovviamente per chi avesse già maturato una consapevolezza in tale campo, non resta che rivolgersi a professionisti del settore che siano in grado di consigliare quale strategia sia meglio adottare in funzione dei propri obiettivi.
Pensando ad un possibile planning di questi approcci, generalmente ci si muove in questo modo:
Per tutte le aziende – invece – che magari non abbiano un sostrato particolarmente favorevole per una promozione in questa direzione, consigliamo di potenziare prima di tutto i canali tradizionali, perché fungano da base di supporto a possibili sviluppi futuri.
È bene precisare, sempre, che non esistono metodi di promozione efficaci in assoluto, ogni realtà deve potersi ritagliare uno spazio personale e promuovere la propria specificità in un certo modo. I risultati migliori si ottengono – quasi sempre – quando si comprende questo punto fondamentale.
Una volta compreso che cosa sia il buzz, diventa fondamentale indagare quali siano le dinamiche che stanno alla sua base e per fare questo, molto spesso si ricorre a veri e propri professionisti delle analisi che si occupano di monitorare e analizzare il comportamento delle utenze e del prodotto in rete.
Ma come indagare quanto accade in rete? Come monitorare l’andamento di un prodotto? Come verificare se sia presente o meno una campagna virale? O se questa campagna virale abbia avuto o meno l’effetto sperato?
A queste domande si tenta di dare risposta sfruttando metodi di ricerca in rete che, anche in questo caso, si discostano da quelli tradizionali, per alcune ragioni fondamentali. In questo tipo di ricerca il semplice dato quantitativo non è mai completo né soddisfacente, tant’è che si ricorre molto spesso – se non sempre – ad analisi anche qualitative che integrino i risultati già noti e offrano profili definiti che determinino la posizione di un determinato prodotto, o servizio, all’interno delle reti sociali e della rete globale.
Passando al lato pratico possiamo distinguere alcune metodologie impiegate dai ricercatori di questo campo che si differenziano (anche se non di moltissimo) dalle ricerche di marketing tradizionale.
Vediamo assieme alcuni passaggi chiave:
In casi come questi si cerca di comprendere quali siano i messaggi più significativi lasciati dalla utenze e quali dinamiche si creino all’interno di community ufficiali e non. Si effettuano, generalmente, analisi sommarie che mirano ad individuare le conversazione e i messaggi più interessanti e poi si procede con l’analisi – più accurata e attenta – qualitativa dei messaggi estratti.
Analizzare il buzz attorno ad un prodotto – è bene chiarirlo – non è affatto cosa semplice, abbiamo visto che tale fenomeno si muove in direzioni non lineari, molto spesso di difficile controllo, a volte anche negative e controproducenti per l’azienda stessa. Per chi effettua ricerche di questo tipo è necessaria non solo un’ottima conoscenza degli strumenti tradizionali, ma anche una buona dose di creatività.
Giungendo al termine del nostro discorso ci preme mettere l’accento su alcune questioni rilevanti.
Abbiamo visto come il buzz marketing possa essere uno strumento davvero interessante, ma anche come possa rivelarsi – inaspettatamente – fonte di danni non trascurabili per una azienda. Che cosa fare dunque?
Sicuramente non ci si può limitare ad ignorare ciò che accade, sperando di poter sopravvivere per inerzia. Nasce la necessità di reinventarsi e di reinventare i propri schemi: l’unica chiave che può aiutarci in tal senso è la consapevolezza del mezzo che utilizziamo, che si elabora attraverso una costante osservazione di ciò che ci circonda. Impariamo a notare i segnali di un buzz, a proporlo noi stessi, a cavalcare un successo emergente e a monitorare ciò che proviene dalla utenze. Perché proprio come afferma Eric S. Raymond: «La cosa migliore, dopo l’avere buone idee, è riconoscere quelle che arrivano dagli utenti. Qualche volta sono le migliori».
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