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SCO: il Bluff del codice rubato

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Siamo alle solite. In genere l'estate ci riserva ben poco nel mondo dell'informatica. Anche gli informatici, per quanto siano gente strana hanno bisogno di un pò di ferie e di andare al mare.

Questa volta però la telenovela di quest'anno ha visto nascere nuove puntate nei mesi più caldi. Parliamo ovviamente di SCO.

Vi avevamo lasciato con la decisione da parte della società americana di chiedere agli utenti GNU/Linux il pagamento per continuare ad utilizzare il sistema operativo del pinguino. Con la "modica" somma di 1.399 dollari per CPU gli utenti e le aziende che usano Linux potranno evitare di avere guai legali con SCO. Cifra che scende a 699 dollari se pagata entro il 15 ottobre. La cosa ha avuto non poco clamore come è facile immaginare e stavolta IBM e Red Hat hanno contrattaccato facendo a loro volta causa a SCO.

Ma sembra esserci una svolta in tutta la vicenda, anche abbastanza inaspettata. Inaspettata perché SCO con l'intento di dare un "assaggio" delle prove in suo possesso per affermare la violazione di codice di sua proprietà in realtà ha dimostrato che le indagini sono state tutt'altro che accurate.

Il 18 Agosto infatti allo SCO Forum tenuto a Las Vegas SCO ha presentato, con tanto di slide in PowerPoint (scaricabili in formato PDF), degli esempi "significativi" di come Linux abbia attinto del codice da System V. Peccato che a una analisi un pò più attenta gli esempi in questione non incriminano per nulla Linux.

Bruce Perens, leader del movimento open source, ha presentato un articolo nel quale spiega perché le prove fornite fino ad ora da SCO non siano valide. Si sono pronunciati sull'argomento anche Eric Raymond e lo stesso Linus Torvalds.

Nella presentazione si parla principalmente di due esempi. Nel primo il codice implementa quello che è il Berkeley Packet Filter (BPF). Si tratta di software scritto sotto licenza BSD, le cui origini risalgono al 1993 e che SCO, grazie alla licenza BSD che consente di includerlo anche in software commerciale, l'ha fatto suo nel 1996 integrandolo nello Unix System V. Ma non è di sua proprietà. Il suo sviluppo è opera del Lawrence Berkeley Laboratory con il finanziamento del governo Americano, ma non certo di SCO.

Tra le altre cose non si tratta, sempre secondo Perens, di software copiato da Linux, che comunque sarebbe legale, essendo BPF sotto licenza BSD. L'implementazione non è stata fatta utilizzando il codice di BPF, ma seguendone la documentazione. Le due implementazioni sono simili, ma non uguali. E, ripete Perens, anche se lo fossero sarebbe perfettamente legale.

Se tutto questo può esser frutto di una analisi poco attenta della somiglianza del codice, la seconda prova ha proprio dell'incredibile. Si tratta infatti di codice rilasciato come open source dalla stessa Caldera (quella che ora viene conosciuta come SCO) nel 2002 e reso disponibile per essere incluso in Linux.

Si tratta di codice relativo alle primissime versioni di Unix, nel lontano 1973 scritto proprio da Dennis Ritchie e Ken Thompson il cui algoritmo era già stato affrontato nel libro di Donald Knuth "The Art Of Computer Programming" del 1968 e successivamente nel Lions Commentary of Unix del 1976. Si tratta di codice relativo alla gestione della memoria, che fa parte di codice storico di Unix, sul quale AT&T non dovrebbe avere diritti in base agli esiti della causa con BSDI e l'Università della California.

Come se non bastasse si riferisce a codice presente solo nel porting per processore Itanium e quindi a una piccolissima fetta del kernel e dell'utenza Linux. Inoltre si tratta di codice inserito nel kernel 2.4.19 (quindi molto recente) dopo che Caldera l'aveva reso OpenSource sotto una licenza analoga a quella BSD e tolto per motivi tecnici nel kernel 2.5.

Si rivendicano anche i diritti su JFS, il filesystem journaling di IBM, anche se in realtà il porting per Linux è derivato da OS/2 che con Unix System V ha ben poco in comune. Analogamente si fa riferimento a codice relativo al supporto a SMP (sistemi multiprocessore) di Sequent (ora acquistata da IBM) che in realtà deriva da codice che è stato portato fuori da Unix.

Personalmente la tesi di Perens mi ha convinto. Purtroppo per SCO temo che se vuole essere credibile in tribunale dovrà presentare ben altre prove per dimostrare di esser stata una vittima. E in particolare, dimostrare che la parte di codice a cui si riferisce sia inequivocabilmente di sua proprietà. Solo così riuscirà a convincermi. Ma se anche SCO stessa reputa questi due esempi significativi anche se ne ha "una montagna alta come il monte Everest" allora temo che di credibilità non ne avrà molta. E purtroppo bisogna essere credibili...

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