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La formazione del designer e le sfide della progettazione

Intervista a Enrico Azzimonti, professore di Progettazione del Corso Triennale in Product Design della scuola IED Design di Milano
Intervista a Enrico Azzimonti, professore di Progettazione del Corso Triennale in Product Design della scuola IED Design di Milano
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Il design, che si tratti di prodotti industriali o di siti web, è attività affascinante e ricca di sfide problematiche per chiunque vi si cimenti. Abbiamo intervistato su questi temi e su quello della formazione del designer Enrico Azzimonti, professore di Progettazione del Corso Triennale in Product Design della scuola IED Design di Milano.

Prof. Azzimonti, uno dei corsi fondamentali dello IED riguarda il product design. Può spiegarci cosa fa esattamente un product designer?

Bypassando l’assunto del design come progettazione globale e riferendoci specificatamente agli scenari aziendali della produzione, definirei un product designer un progettista che si occupa prevalentemente di disegno industriale in collaborazione con l’area gestionale del marketing e i reparti di ingegnerizzazione e produzione aziendale.

Quali sono gli aspetti più coinvolgenti di questa professione? Quali, invece, quelli più impegnativi e critici?

Se non vi fosse criticità ed impegno nella professione, così come nella vita quotidiana, non vi sarebbe alcun coinvolgimento emotivo e propositivo. L'interazione con aziende produttrici, capaci di interpretare il mercato delle merci e saperne coglierne necessità e bisogni, l’elaborazione dei dati tecnologici in continua evoluzione, la capacità di traslare o trasfigurare applicazioni ed applicativi da un campo di ricerca ad un altro sono solo alcuni degli aspetti capaci di stimolare propositivamente il disegnatore industriale.

Saprebbe indicarci il background ideale di uno studente che voglia intraprendere la carriera di product designer?

Indicativamente consiglierei questa professione a coloro i quali hanno da sempre avuto una curiosità innata per tutto ciò che li circonda, non solo dal punto di vista estetico ma anche dal punto di vista emozionale e tecnico. Non necessariamente bisogna approdare al design industriale dopo essersi formati tecnicamente. Spesso il percorso non è quello specifico ma alla fine ci si trova in questo mondo per passione alimentata dalla volontà di parlare nuovi personali linguaggi estetici e materici. Un solido ed ampio background culturale, la padronanza della lingua, la curiosità e lo studio delle discipline artistiche e scientifiche unita ad una visione globale degli scenari merceologici nazionali ed esteri sono insiti in coloro i quali si avvicinano all’industrial. Il nostro compito sarà poi quello di dare ordine alle pulsioni giovanili attraverso percorsi, metodi e visioni proprie di questa disciplina.

Nel programma del vostro corso ha un ruolo importante lo studio dei principali software di grafica 2D e 3D. Può darci delle delucidazioni? Su quali programmi incentrate l'insegnamento? Che metodologia adottate? Quanto è importante avere già una conoscenza di base di questi strumenti?

I software, siano essi di grafica, di progettazione bidimensionale o di modellazione tridimensionale assieme agli infiniti pacchetti che aiutano a renderizzare, definire, presentare un progetto sono strumenti d’uso comune nel campo industriale. Definirei basilare la loro conoscenza e gestione. L’utilizzo corretto di tali strumenti non rende designer ma progettisti. Il compito dell’insegnamento è quello di fondere le discipline attraverso la tecnica. Lei vuole sapere se è importante avere già nozioni di tecniche progettuali. Spesso ho incontrato giovani del tutto privi di tali conoscenze che in poco tempo hanno imparato a gestire la tecnica. Spesso è più costruttivo formare da zero che andare a correggere refusi.

Scorrendo la lista degli insegnamenti impartiti nel corso, si notano anche due discipline: ecodesign e design sostenibile. Si può dire che mettano l'accento sulla responsabilità sociale di chi opera in questo settore. Quanta importanza date a questi fattori?

Definirei questi momenti storici come la chiave di volta forzatamente acquisita dall’industria non più legata per motivi economici e gestionali, alle mission ereditate dalla rivoluzione industriale di fine 800. Già da qualche anno si è passati ad una programmazione just in time che ha posto le basi per lo scenario sostenibile. In campo industriale parleremo sempre più un linguaggio sostenibile che darà risultati osmoticamente compatibili con l'ecosistema.

Per taluni aspetti concettuali, il design di un sito web non differisce da quello di un prodotto industriale. Entrano in gioco elementi come l'usabilità o il lato emozionale di un prodotto. Una parte fondamentale, da questo punto di vista, la gioca la selezione dei colori. Non volendo farsi guidare solo dalle tendenze del momento, quale approccio andrebbe utilizzato nella creazione di una palette cromatica efficace e di impatto?

L'interfaccia fisica o biologica, effimera, volubile è la prima relazione che permette la connessione tra emozione e funzione. Se seguiamo l’evoluzione da webII a webIII, attualmente in atto, come spettatori di fronte alle prime televisioni a colori o , più recentemente, tra oled b/n e oled a colori, come progettisti non possiamo che registrare il cambiamento in atto e consapevolmente non escluderne la migrazione dall’effimero al reale. Ciò detto, ipotizzerei una visione pragmatica degli scenari naturali al fine di sfruttare il know how delle aziende di pigmenti.

Inutile nascondersi, però, che tante volte l'adozione di un colore di tendenza può rappresentare una scelta vincente. Ma chi decide quali saranno i colori "in" e quelli "out"? Come vengono prese queste decisioni?

Seguendo Vico e il suo pensiero è immediata l'osservazione dell’attuale quotidiano, ove gli anni settanta sono stati richiamati e si strizza l'occhio agli ottanta. Tendenza e colore inscindibilmente percorrono e ripercorrono strade battute che fanno parte del background di ciascuno di noi. Alcuni colori base sono poi legati a stimoli fisici, basti pensare agli innumerevoli studi sulla cromoterapia, mentre altri nel tempo hanno assunto valenze simboliche: neri e grigi per le strumentazioni tecnologiche. L'utilizzo sempre più diffuso delle tecnologie e l'allargamento a fasce clientelari sempre più globali ha già scardinato questo concetto e trasportato il colore in ambiti inaspettati. Attualmente è la definizione del target finale di un prodotto che determina in range di colori ai quali fare riferimento per la pigmentazione finale del progetto.

Osare con i colori si può? Proporre scelte alternative, controtendenza, è qualcosa che solo i grandi brand con una solida reputazione possono permettersi? Ci sono rischi nel voler essere per forza innovativi attraverso un uso particolare del colore?

Se dietro l'intervento cromatico vi è un'idea non vedo alcuna remora.

In quale momento della progettazione dovrebbero essere compiute le scelte sul colore o sui colori?

L'analisi e lo studio del colore sono sempre presenti fin dall’inizio del lavoro progettuale partendo dai prodotti dell'azienda con la quale si inizia a collaborare, passando attraverso i primari del target di riferimento ed analizzando i basici dei competitor diretti senza tralasciare il mondo dei prodotti in produzione.

Cambiando tema, la parola magica nel mondo del web sembra oggi essere 'social'. Un web designer deve oggi avere coscienza del fatto che le interfacce che crea devono favorire l'interazione sociale, lo scambio, la condivisione. In che modo queste idee possono trovare applicazione nello scenario dei prodotti industriali? Sono temi sentiti anche in questo settore?

Le interfacce create nel web sono in continua evoluzione, al passo con lo sviluppo degli strumenti di programmazione. Ci sarà sempre più una evoluzione del linguaggio legato alla percezione grafica visiva e l’interfaccia hardware andrà scomparendo. I prodotti industriali non effimeri legati alle tecnologie software seguiranno giocoforza questo percorso. Altri oggetti e strumenti resteranno legati alla sfera della gestualità naturale fisica e mentale senza necessariamente trovare giovamento da un forzato sviluppo artificiale.

Enrico Azzimonti è professore di Progettazione del Corso Triennale in Product Design della scuola IED di Milano.
Disponibili corsi IED nelle sedi di Milano, Roma, Torino, Venezia, Firenze, Cagliari!

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