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Instagram, cala l'engagement degli influencer: fine di un'era?

Il mercato degli influencer subisce il primo calo nel tasso di engagement da tre anni a questa parte: sta finendo un'era digitale?
Instagram, cala l'engagement degli influencer: fine di un'era?
Il mercato degli influencer subisce il primo calo nel tasso di engagement da tre anni a questa parte: sta finendo un'era digitale?
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Gli influencer potrebbero aver perso il loro tocco magico. Dopo anni sulla cresta dell'onda dei social, voluti e corteggiati dalle aziende per le loro attività promozionali, l'engagement su Instagram di personaggi noti e meno noti inizia a calare.

È quanto sostiene uno studio condotto da InfluencerDB, reso noto da Mobile Marketer: nel corso di tre anni, il tasso di engagement si è praticamente dimezzato. Ma quali sono le ragioni di questa tendenza in negativo e, soprattutto, il ruolo degli influencer è destinato a naufragare?

Si tratti di un volto noto sui social per la moda, i viaggi, la tecnologia o qualsiasi altra categoria regina dell'advertising, sembra proprio che il pubblico abbia iniziato a stancarsi degli influencer. Non si parla ovviamente di un funerale, ma i dati potrebbero dimostrare anche un ripensamento nelle strategie delle aziende.

Le cifre

Secondo la ricerca di InfluencerDB, la portata dell'engagement degli influencer per i post sponsorizzati è scesa nel Q1 2019 al 2.4%, rispetto al 4% raggiunto tre anni prima. Le cifre si fanno più grandi se, all'interno dell'analisi, vengono considerati unicamente i post non soggetti ad advertising: si passa a 1.9% dal 4.5% nello stesso periodo di riferimento.

Emerge anche un dato interessante: meno follower ha un influencer, maggiore è il suo tasso di engagement: 3.6% per 10.000 follower, 6.3 tra i 5.000 e i 10.000 e 8.8% tra i 1.000 e i 5.000.

Non è però tutto, poiché vi sono anche dei trend all'interno delle varie categorie. I travel influencer vedono il calo maggiore, dall'8% del 2018 al 4.5% attuale. Seguono quindi le categorie bellezza, moda, cibo, stile di vita, sport e fitness, con cali più contenuti. Vi è però da considerare anche l'affollamento di personaggi per categoria: la sezione viaggi vede un 5% totale di influencer, seguita dalla bellezza al 7%, il cibo al 12% e la moda al 25%.

Maggiore è la concentrazione di influencer, minore la possibilità di ottenere un engagement che sia realmente in grado di determinare una conversione.

Le ragioni

Potrebbero essere molte le motivazioni alla base di questo fenomeno, primo fra tutti la moltiplicazione degli stessi influencer: migliaia di persone in tutto il mondo ricoprono questo ruolo e, ovviamente, più frammentato diventa il mercato, minore è l'interesse delle aziende a investire.

La stessa moltiplicazione porta direttamente alla seconda ragione, quella della fiducia. La possibilità di trasformarsi abbastanza facilmente in influencer, infatti, ha portato sul mercato diversi personaggi forse non qualificati in questo ruolo o, ancora, poco competenti rispetto ai prodotti da sponsorizzare. Per questa ragione, gli utenti hanno progressivamente perso fiducia nei loro consigli, saltando a piè pari i post sponsorizzati o non generando traffico sui siti o i servizi delle società incluse nelle stesse condivisioni.

Non ultimo, l'abbondanza di influencer sta estremizzando lo stesso mercato: poche decine di persone possono effettivamente vantare un successo in questo campo, strappando contratti milionari e garantendo entrate top alle aziende, gli altri tendono perlopiù a sopravvivere.

La fine di un'era?

È difficile dire se l'universo degli influencer si stia progressivamente avvicinando alla sua fisiologica fine: se avverrà, non sarà certamente nel breve periodo. Allo stesso tempo, però, i dati potrebbero suggerire un cambio di strategia da parte delle aziende: sebbene i post sponsorizzati siano in grado di generare un engagement maggiore rispetto a quelli più classici, la portata è comunque ridotta rispetto al passato. Di conseguenza, le società potrebbero essere costrette a investire su più post sponsorizzati quando, solo tre anni fa, avrebbero potuto raggiungere lo stesso risultato con un'unica condivisione.

Allo stesso tempo, serve una sorta di istituzionalizzazione del ruolo, affinché venga a crearsi una marcata separazione tra "professionisti" e "aspiranti": questi ultimi, fatta eccezione per trend virali improvvisi, potrebbero non essere la risposta giusta per le esigenze di advertising.

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