Il film "The Brutalist" ha sollevato accese polemiche riguardo all’impiego dell'intelligenza artificiale (AI) per correggere i dialetti degli attori. Questa scelta tecnologica, che ha coinvolto i dialoghi in ungherese di Adrien Brody e Felicity Jones, è stata criticata per il rischio di trasformare la visione cinematografica in una "perfetta impeccabilità gestita dalla macchina", minando, secondo alcuni, l’autenticità e l’arte della recitazione.
Il montatore del film, Dávid Jancsó, ha spiegato che lui e il regista Brady Corbet hanno deciso di utilizzare il software vocale AI di Respeecher per migliorare l’accuratezza del dialetto ungherese, affinando specifiche vocali e suoni nelle performance degli attori. Sebbene Corbet abbia sottolineato che gli attori avevano lavorato per mesi con un coach di dialetto, l’AI è stata impiegata solo per piccoli aggiustamenti, non per cambiare radicalmente le loro interpretazioni.
Critiche per l'utilizzo dell'AI in "The Brutalist"
Tuttavia, l’uso dell’AI ha sollevato diverse critiche, soprattutto per il suo impatto sulla sostanza delle performance. A differenza degli effetti speciali o della sostituzione automatica del dialogo (ADR), l’IA interviene direttamente sulla voce degli attori, alterando la loro espressione naturale. Questo potrebbe rappresentare una minaccia non solo per l’industria del doppiaggio, ma anche per il futuro del coaching linguistico e della ricerca sul dialetto, che potrebbero essere messi da parte a favore di soluzioni più rapide e tecnologiche.
Mentre Corbet difende la scelta, affermando che le performance di Brody e Jones sono rimaste autentiche, molti critici sottolineano che, sebbene i dialoghi in ungherese siano linguisticamente corretti, la loro natura non riflette più l’autenticità delle voci degli attori. Piuttosto, queste scene sembrano celebrare l'abilità del software vocale piuttosto che la bravura degli interpreti.
Le implicazioni etiche dell’uso dell’AI nel cinema sono oggetto di discussione. Alcuni ritengono che l’adozione dell’AI in questo contesto rappresenti un passo verso una visione esteticamente corrottrice, che riflette le politiche della Silicon Valley, spesso indifferente agli impatti sociali e ambientali. L’articolo pubblicato su The Baffler descrive l’AI come una “protesi cinematografica” che inganna lo spettatore e svilisce le reali performance attoriali, creando un precedente pericoloso per il futuro del cinema, specialmente se altre produzioni seguiranno l’esempio di "The Brutalist".