Una recente denuncia di Sarah Wynn-Williams, ex dirigente di Meta, ha rivelato pratiche inquietanti che coinvolgono l'azienda nel tentativo di entrare nel mercato cinese. Secondo la denuncia, Meta, all'epoca conosciuta come Facebook, sarebbe stata disposta a prendere misure drastiche per ottenere l'accesso alla vasta utenza cinese, incluso il compromesso dei dati degli utenti e la censura di contenuti.
Wynn-Williams accusa Meta di aver cercato di guadagnarsi la fiducia del Partito Comunista Cinese (PCC), offrendogli il controllo sui contenuti sui social e la soppressione del dissenso. Nel 2015, la compagnia avrebbe sviluppato un sistema di censura specificamente pensato per la Cina, pianificando di nominare un "caporedattore" che avrebbe deciso quali contenuti rimuovere. In casi di disordini sociali, questo individuo avrebbe potuto addirittura chiudere l'intero sito.
Le pressioni per censurare i dissidenti non si fermano qui. Secondo la denuncia, Mark Zuckerberg, CEO di Meta, avrebbe ceduto alle richieste di un funzionario cinese, accettando di censurare l'account di un dissidente cinese di alto profilo che viveva negli Stati Uniti.
Ulteriori accuse a Meta
Inoltre, Wynn-Williams ha accusato Meta di aver fornito informazioni fuorvianti agli investitori e alle autorità di regolamentazione statunitensi riguardo alle sue reali intenzioni di entrare nel mercato cinese. Secondo alcuni documenti interni, infatti, i dirigenti dell'azienda sono stati pressati dal governo cinese per ospitare i dati degli utenti cinesi in data center locali. Questa mossa avrebbe consentito al PCC di accedere facilmente alle informazioni personali degli utenti.
Wynn-Williams ha dichiarato al Washington Post che Meta ha lavorato a stretto contatto con il Partito Comunista Cinese per anni, fornendo loro dettagli sugli sviluppi tecnologici, mentre negava tali attività pubblicamente. Nonostante queste rivelazioni, Meta ha risposto difendendo le proprie azioni, affermando che l'interesse a operare in Cina era ben noto e che, nel 2019, Zuckerberg aveva deciso di non perseguire queste iniziative.
Tuttavia, il Washington Post ha rivelato che, nel 2014, un membro della politica sulla privacy di Facebook aveva proposto di concedere al governo cinese l’accesso ai dati degli utenti cinesi, inclusi quelli provenienti da Hong Kong. Inoltre, nel 2017, Meta ha lanciato segretamente delle app social cinesi, utilizzando il nome di una società cinese creata da un dipendente. Questi sviluppi sollevano interrogativi sul livello di compromesso e censura che Meta avrebbe accettato pur di entrare nel mercato cinese.