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Io, tu, noi, voi. Quale forma usare?

Scegliere la giusta persona verbale in base al contesto
Scegliere la giusta persona verbale in base al contesto
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Continuiamo il nostro percorso iniziato lo scorso anno sulle implicazioni di certe scelte di stile, scrivendo per il web (e non solo).

Stavolta il tema è la persona verbale. Io? Tu? Noi? Voi?

Prima di iniziare, potrebbe essere utile leggere "La scelta delle parole" e "Studio psicologico delle parole nei testi".

Contestuale alla parte

Inizio affermando che, anche se non è facile, la scelta non deve essere la stessa per tutto il documento. A seconda delle parti, infatti, si potrebbe passare dall'io al noi o dal tu al noi a seconda dei casi. Immedesimandosi in alcune situazioni, chi scrive potrebbe passare dall'io al noi, per essere più vicino a chi legge.

Questi cambi, ovviamente, devono essere ben considerati, ma possono risultare utili per spezzare la monotonia di uno scritto troppo lungo.

Vediamo alcuni contesti.

Il rapporto diretto tra due persone

Io usato per chi scrive e tu per chi legge, danno la sensazione di un rapporto diretto tra le due persone. L'accoppiata è utile in tutti quei testi nei quali si vuole creare un collegamento diretto tra chi scrive e chi legge.

Personalmente amo questa forma, ma occorre prestare attenzione. In alcuni contesti potrebbe avere qualche aspetto negativo. Non tutti amano sentirsi interpellati con un tu ed anche se siamo su web, dove tutto parrebbe più informale, ricordiamo che il problema si pone. A voi la decisione.

Il senso della comunità: io e noi

In molti contesti il senso della comunità favorisce l'instaurarsi un feeling che aiuta il trasferimento di messaggi ed emozioni.

Molti lettori amano sentirsi parte di un gruppo che condivide un tema, un argomento, un sito o un forum.

Il fatto che chi scrive usi l'io indicando se stesso e noi indicando il gruppo, lo rende maggiormente partecipe della comunità, conferendogli gli stessi attributi e accomunandone gli obiettivi.

A rafforzare queste sensazioni, l'indicare il numero dei presenti nella chat o nel forum, il numero dei lettori che hanno letto la pagina o il documento.

Il senso della comunità: io e voi

Una variante è quella in cui chi scrive usa il voi per indicare il gruppo, estraendo se stesso, quindi, dalla comunità.

L'accoppiata io voi tende a tenere una certa distanza tra due parti principali: scrittore, lettori.

La cosa potrebbe essere normale quando è implicito che non c'è una vera comunità. Potrebbe avere effetti negativi, invece, nella situazione in cui la presunzione dello scrittore ad essere una sorta di maestro potrebbe essere mal vista da chi legge.

Uso spesso questa forma, cercando, però, di sdrammatizzarla un po'. A volte basta una frase scherzosa o un aneddoto (se lo spazio lo consente).

Sono solo io a leggere?

Usare sistematicamente il tu per chi legge, se da una parte può creare un collegamento quasi personale gradevole, dall'altra può dare un senso di solitudine all'interpellato.

Il lettore potrebbe avere, infatti, la sensazione che le frasi siano rivolte a lui, come se fosse il solo a ricevere il messaggio. L'effetto può essere sgradevole e ne andrebbe evitato il rischio, se si ritiene che possa esserci.

Noi, plurale majestatis

Il noi per indicare chi scrive, lo impiegherei solo in contesti dove è evidente che gli autori sono più di uno e che scrivono o pensano le stesse cose.

In altri contesti, trovo che la forma sia pericolosa, anche se ha alcuni vantaggi. Usando il noi, infatti, si tende a suddividere con figure fittizie la responsabilità di quello che si sta scrivendo.

Molta distanza tende a creare l'accoppiata noi voi, dove ancora maggiore è la separazione tra due gruppi, quello degli scrittori e quello dei lettori. In questa situazione, il noi non fa gruppo, ma viceversa distanzia le parti.

Io, assunzione di responsabilità

Usato per se stesso da chi scrive, l'io indica in molti contesti un'assunzione di responsabilità. Quanto detto non è imputabile a nessuno, perché l'io precisa senza lasciar dubbio su chi sia il responsabile.

Molti tendono a sdrammatizzare con l'inserimento di un "ritengo che" o frasi simili, proprio per diminuire la carica dell'io.

Una forma neutra

La terza persona o una forma impersonale sono quelle ritenute professionali, aziendali o accademiche.

Secondo il parere di molti, gli usi stanno cambiando ed anche in tali contesti, in molte situazioni è possibile usare l'accoppiata io noi, senza perdita di tono e formalità. Nel dubbio, comunque, la forma impersonale non è mai un errore apertamente criticabile. Forse potrà risultare noiosa o seriosa, ma non è un errore.

Sicuramente è da preferirsi quando non si sa chi si ha davanti.

Conclusione

Poche cose e senza una regola da applicare in modo standard. Deve prevalere il buon senso e la conoscenza di chi è il lettore al quale il testo si rivolge. Qualche esperimento con prova di lettura ed intervista può aiutare a comprendere questi aspetti, prima di partire con la scrittura di tutti i contenuti del sito.

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