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Esiste la Web Awareness?

Non si vive di solo Click. Come favorire la diffusione di un marchio sui siti Internet
Non si vive di solo Click. Come favorire la diffusione di un marchio sui siti Internet
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Brand awareness nel Web Advertising, o anche: Web Awareness; se ne sente parlare sempre di più. È infatti ormai pacifico che una campagna di Web Advertising non può essere giudicata solo in virtù dei click che essa porta al sito o addirittura delle 'action' che sono ad essa imputabili (compilazione di un form, registrazione, richiesta informazioni, prenotazione o addirittura vendita), tutte riassumibili nella formula del PPA (Pay per Action).

Queste 'nuove' considerazioni sono motivate da diversi fattori.

In primo luogo: è un fatto. Sarebbe infatti molto anomalo uno strumento pubblicitario che riuscisse a portare 'direct response' senza offrire un contributo concreto anche alla brand awareness della società che promuove un prodotto o un servizio; in breve, come si sarebbe già dovuto capire anni fa: quando si fa promozione si fa sempre anche pubblicità.

Ma entrano in gioco anche altri fattori: uno dei principali è senza dubbio il calo del Clicks Through Ratio dei banner (CTR) che si è dimostrato inesorabile da dieci anni a questa parte. Il CTR attuale dei banner è infatti centinaia di volte inferiore a quello di alcuni anni fa (su alcune creatività si registravano CTR anche del 45%). Questo fatto ha spinto le agenzie, i centri media e - più in generale - gli editori a sottolineare il fatto che 1000 impressions hanno un valore anche se nessuno clicca il banner.

Hanno un valore - e quindi un costo - anche oltre la direct response che possono provocare nell'utente; è famoso l'esempio del Taxi pubblicitario: se la pubblicità di un negozio installata su un Taxi non fa sì che i clienti del Taxi si rechino immediatamente con quel Taxi a quel negozio, ciò non significa che la pubblicità non funzioni. L'esempio è quasi paradossale, ma rende bene l'idea di come sia aberrante giudicare una campagna pubblicitaria con un'analisi immediata delle risposta diretta dei suoi fruitori.

Il tentativo di 'normalizzarsi'

Un altro fattore, a questo strettamente collegato, è che il web advertising, per resistere e magari svilupparsi in un momento di forte e perdurante crisi dell'advertising in generale, ha bisogno di 'normalizzarsi', ovverosia di diventare uno standard e quindi 'appetibile' per tutti i clienti che continuano a comprare pubblicità con gli altri media e soprattutto per quei 'big spender' che da soli rappresentano più dell'80% del mercato pubblicitario italiano.

Rimane senza dubbio in essere un annoso problema: "Come quantificare - e quindi monetizzare - la brand awareness fornita a un cliente?". A ciò si aggiunga il fatto che la brand awareness è sempre stata considerata 'appannaggio' di quei media che ancora possono essere considerati 'di massa', in primis la TV; per questo, ci si trova oggi in una situazione contraddittoria e paradossale: si vuole puntare sulla brand awareness via web, ma si eliminano velocemente dai grandi portali pop-up e po-under, considerandoli troppo invasivi e quindi 'controproducenti'; si vuole 'normalizzare' il mercato pubblicitario on-line, ma trovano sempre più spazio società che fanno del PPA (Pay per Action) il proprio core business, in evidente controtendenza verso una 'parificazione' del medium internet con quelli tradizionali.

Web Awareness che funziona

Per comprendere queste contraddizioni servono strumenti nuovi e nuove soluzioni. Qui di seguito vi presentiamo l'esperienza del motore di ricerca Godado.it che, con l'iniziativa battezzata Search Sponsorship, ha tentato di integrare una componente brand nel web advertising. Godado inserisce le sponsorizzazioni all'interno dei risultati di una ricerca eseguita sul suo motore.

L'idea è semplice, e, come spesso capita, funziona bene: sponsorizzare un'intera pagina di risultati di ricerca del motore, attraverso full banner, skyscraper e bottoni sponsor; questi tre formati (ancora pienamente standard, nonostante le recenti direttiva di IAB Europe) si distribuiscono sulla pagina di ricerca di Godado in sette posizioni, creando un effetto 'sorround' della creatività del cliente inserzionista. Due bottoni sono posizionati all'inizio e alla fine della pagina dei risultati di ricerca, il full banner occupa la posizione standard e lo sky scraper è posizionato sulla spalla della pagina, sopra i rimanenti tre bottoni da 120 x 60 pixel.

Figura 1: Grafico di valore della Search Sponsorship
Grafico di valore della Search Sponsorship: si nota l'alto valore per la brand awarness

Dati statistici dei clicks sulla Search Sponsorship

La formula della Search Sponsorship si è dimostrata efficace. I dati sensibili appaiono di particolare interesse:

Il click through rate medio, ossia il rapporto fra fra il numero di coloro che hanno visualizzato il banner e il numero di coloro che hanno ciccato su di esso raggiungendo la pagina bersaglio, si posiziona tra l'1% e il 2%.

La percentuale di 'disaffezione' (burn out) dalla creatività proposta è sostanzialmente inesistente. Il ricambio di utenti unici - prima caratteristica di un motore di ricerca - e la targhettizzazione delle Search Sponsorship garantiscono un permanere degli stessi livelli di CTR anche molto oltre lo 'standard' di due settimane, ritenuto il limite temporale massimo per cui mantenere attiva una classica campagna banner.

Con la formula della Search Sponsorship (tre formati visualizzati in sette posizioni su una sola pagina web) è facile registrare clicks su diverse 'posizioni' da parte del medesimo utente (Repeated Clicks); mediamente i clicks ripetuti si attestano sul 7% ed è interessante notare che le campagne in cui c'è maggiore omogeneità grafica sono quelle che - contrariamente alle aspettative - registrano il maggiore tasso di click ripetuti.

Interessanti sono anche i dati relativi alla distribuzione dei click sulle sette posizioni; contrariamente a quello che si potrebbe immaginare, il banner tradizionale (468 x 60) e lo skyscraper (120 x 600) non sono le posizioni più cliccate. Lo skyscraper si posiziona al secondo posto con il 27% di click through rate, mentre il full banner registra il 12% di click through rate.

Più della metà dei click (51%) sono invece raccolti dal primo bottone sponsor (120 x 60) che l'utente può visualizzare in cima ai risultati di ricerca, a riprova che questa è un'ottima posizione e che l'utente di un motore di ricerca tende a 'privilegiare' quegli adv che sono più 'integrati' con i risultati di ricerca. Il rimanente 10% dei click sono divisi fra gli altri 4 bottoni sponsor con una preferenza degli utenti per l'ultimo bottone, collocato in fondo ai risultati di ricerca e a discapito dei tre bottoni sponsor che sono posizionati immediatamente sotto lo sky scraper.

Figura 2. Percentuale di click sugli strumenti pubblicitari presenti in una pagina
Percentuale di click sugli strumenti pubblicitari presenti in una pagina: 51 per cento

L'efficacia della Search Sponsorship

La Search Sponsorship si è dimostrata efficace perché riesce a superare il problema dell'enorme quantità di impression (e quindi di visualizzazioni) considerate necessarie per ottenere un effetto duraturo sul pubblico e di tradursi quindi in una maggiore propensione all'acquisto, targhettizzando le creatività del cliente su una determinata area semantica (chiamata appunto. "macrocanale").

A ciò si aggiunga poi il fatto poi che queste creatività non sono affatto invasive e non disturbano in alcun modo la navigazione all'interno della pagine e la visualizzazione dei risultati di ricerca, ottenendo così un effetto simile a quello dei 'rich media' pur senza condividerne il 'fastidio'. Fare brand sul Web funziona se non ci si dimentica delle peculiarità di questo straordinario e ancora nuovissimo medium.

Federico Riva è dottore in filosofia. Esperto in tassonomia, Riva è oggi Strategist di Godado (www.godado.it), dove ha realizzato un Thesaurus di parole-chiave applicato al Web (brevetto depositato). Riva è autore dall'anno 2000 di una newsletter di successo dedicata ai temi del web marketing.

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