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Ban e penalizzazioni di Google

Verificare se il nostro sito è nel mirino di Google e correre ai ripari
Verificare se il nostro sito è nel mirino di Google e correre ai ripari
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Un doveroso distinguo è necessario prima di affrontare l'argomento "penalizzazioni" su Google. Si tratta della distinzione tra il concetto di ban e quello di penalizzazione, una differenza importante per gli effetti sul posizionamento negli indici del motore.

Identificare il ban

Un sito web è soggetto a ban quando viene completamente rimosso dai risultati del motore di ricerca. Per verificare tale eventualità è sufficiente effettuare una query inserendo l'url del sito in questione e verificare la sua presenza nel risultato restituito dal motore.

È necessario precisare che se il sito è "fresco" di pubblicazione, o non servito da link esterni, la sua assenza potrebbe essere legata al semplice fatto che Google non lo abbia ancora indicizzato. Se invece le pagine erano già presenti in modo stabile nelle serp e d'un tratto scompaiono, allora sarà possibile vagliare l'ipotesi del ban. Inoltre, inserendo il sito negli Strumenti per Webmaster di Google, si può appurarne l'indicizzazione già nell'Overview del relativo pannello, dove dovrebbe apparire:

"Pages from your site are included in Google's index."

Il ban di un sito web è però una circostanza limite, delle cui cause è presumibile che il publisher, se non proprio alle prime armi, sia già al corrente. Esso viene inflitto per gravi violazioni delle linee guida del motore, quali pesanti operazioni di spam, massicci e innaturali scambi di link (specie se con altri siti sottoposti a ban), cloaking che ingannino i motori al fine di reindirizzarli a pagine sovra-ottimizzate, elenchi di link e testi nascosti, e altre tecniche di redirect non concesse.

È quindi difficile che un publisher in grado di utilizzare tali "stratagemmi" venga colto completamente di sorpresa di fronte al concretizzarsi di un ban.

Il confine tra il ban e la penalizzazione scaturisce dalla gravità delle violazioni consciamente o inconsciamente commesse. Alcune tecniche sopra citate, ad esempio legate all'uso di redirect o di testi nascosti, possono essere addirittura ignorate, in quanto, è bene ricordarlo, Google è spesso in grado di individuare la "buona fede" di tali operazioni, avvalendosi di almeno 3 livelli di monitoraggio:

  • Controlli algoritmici, ovvero effettuati automaticamente
  • Controlli dei "Quality raters", addetti incaricati da Google di setacciare e analizzare diversi aspetti delle pagine indicizzate e che seguirebbero i criteri dettati da una guida loro espressamente dedicata (formato PDF), in qualche modo "venuta alla luce" e prontamente ripresa da diversi blog e siti del settore.
  • Controlli di ulteriori e non meglio quantificati team di esperti nominati da Mountain View, e impegnati nella lotta allo spam

Considerati questi aspetti, è ora necessario avventurarsi nelle acque meno nitide delle penalizzazioni, raramente oggetto di post, comunicazioni o chiarimenti da parte di Google o di membri del suo staff.

Tipologie, conseguenze e cause delle penalizzazioni

La penalizzazione può avvenire in diversi modi, concretizzandosi in interventi più o meno incisivi sul posizionamento, ergo sul traffico del nostro sito. È infatti fuori discussione che la fetta più grande degli accessi provenienti dai motori di ricerca sia, per la stragrande maggioranza dei siti web, originata da Google, attualmente il motore più utilizzato dagli utenti.

Per verificare la possibilità di una penalizzazione in corso è sufficiente digitare nel box di ricerca del motore il nome del dominio:

nomesito.it

e verificare che esso sia presente almeno tra i primi 3 o al limite 5 risultati restituiti. Per una ulteriore conferma è possibile articolare la ricerca, aggiungendo alla precedente istruzione anche una chiave fondamentale per il sito in questione:

nomesito.it chiave

Qualora anche questa query non vedesse il sito tra i primi 5, allora ci sono buone possibilità che si tratti di una penalizzazione. L'unica alternativa potrebbe essere legata ad una fase temporanea, dovuta a pesanti fluttuazioni delle serp.

Nonostante la poca trasparenza in merito a questo argomento da parte dello staff di Google, è possibile, basandosi su esperienze, studi e segnalazioni di addetti ai lavori, identificare alcune tipologie di penalizzazione e le principali cause alla base delle stesse:

  • Eliminazione temporanea del sito dagli indici:
    Le pagine vengono eliminate dalle serp, ma, a differenza del ban, l'intervento può essere solo temporaneo. Anche in questi casi è indispensabile avere il sito inserito negli Strumenti per Webmaster con la propria sitemap, dato che spesso questo tipo di penalizzazione può essere accompagnata da un avviso via e-mail dello staff di Google, contenente le motivazioni dell'estromissione.
  • Penalizzazioni del Page Rank:
    La celeberrima "barretta verde" subisce penalizzazioni quando vi è il sospetto di attività di vendita di link, o per altre ragioni legate alla struttura del sito (si registrano cali del PR in moltissime directory, soprattutto nelle pagine interne, o in siti contenenti molti link site-wide). Ad ogni modo sembrerebbe che questi interventi sul Page Rank siano in realtà orientati soltanto a ridurre il punteggio visibile, un fattore fondamentale in particolar modo per il "marketing appeal" di un sito, e secondo diverse esperienze intaccherebbero molto marginalmente l'effetto reale sul posizionamento del sito.
  • Retrocessione nelle serp:
    Le più diffuse e meno esplicite penalizzazioni sono quelle che hanno come effetto la retrocessione coattiva delle proprie pagine nelle serp.

Vi sono diverse tipologie più o meno verificate di arretramento:

  • Penalizzazioni -950, -80, -50, -30:
    Penalizzazioni che puniscono la sovra-ottimizzazione delle pagine (keyword stuffing), la presenza massiccia e concentrata di link verso l'esterno o l'uso "fraudolento" di testi nascosti. In questo caso il sito, o parte di esso, viene fatto retrocedere da Google nelle serp in modo sistematico. Sono stati riconosciuti, nelle esperienze segnalate dagli addetti ai lavori, diversi gradi di penalty: -30, -50, -80, fino ai casi considerati più gravi, nei quali si può slittare fino alle ultimissime pagine degli indici, intorno alla 950° posizione.
  • Penalizzazioni Boilerplate:
    In questo caso l'algoritmo di Google applica il brevetto Boilerplate, ancora punendo comportamenti di sovra-ottimizzazione, per lo più legati a contenuti e link duplicati e sovra-ottimizzati non solo nella stessa pagina, ma anche tra pagine diverse presenti negli indici.
  • Penalizzazioni legate ai backlink:
    I link ricevuti dal sito possono essere causa di penalizzazioni se ritenuti eccessivamente artificiosi. È il caso di moltitudini di backlink con lo stesso anchor text, o di flussi di link attivati in un breve periodo, ad esempio tramite l'adesione a servizi di link building a pagamento, in grado di inserire il sito simultaneamente in centinaia di directory (magari poco autorevoli se non già in "odore di spam").

Le penalizzazioni che influiscono sui posizionamenti identificate dagli esperti sono molte, ma non sempre le teorie, anche se supportate da dati empirici, risultano poi corrispondere esattamente alla realtà. Può quindi succedere che una sospetta penalizzazione possa poi rivelarsi semplicemente un falso allarme, causato da flussi, aggiornamenti degli algoritmi, o semplici bug del motore.

Una maggiore certezza è invece legata alle cause delle penalizzazioni fin qui descritte: spesso comportamenti apparentemente "normali" nella gestione dei contenuti, non definibili come spam e magari adottati in buona fede dal publisher, che possono però arrecare danni seri al sito.

Correre ai ripari

Una volta accertata la penalizzazione, sarà bene procedere ad una revisione del sito per identificare gli elementi che potrebbero aver compromesso l'indicizzazione:

  • Tramite gli Strumenti per Webmaster di Google, accertarsi che non vi siano segnalazioni riguardanti link interrotti, pagine non raggiungibili e che la sitemap sia aggiornata e coerente con le reali pagine on line.
  • Controllare la coerenza del file robots.txt.
  • Accertarsi di non aver inserito troppi link nella stessa pagina, testi nascosti, ripetizioni forzate di keys o qualsiasi altro intervento mirato a migliorare artificiosamente il posizionamento.
  • Controllare i backlink e verificare, tramite strumenti quali Link Diagnosis, che gli anchor text in entrata siano il più possibile diversificati.
  • Controllare di non essere legati, in entrata o in uscita, a siti "canaglia", ovvero a siti spam, già bannati o fortemente penalizzati da Google.

Ritornare in pista

In caso di ban, sia esso temporaneo o definitivo, è possibile inviare a Google, una volta "ripulito" il sito, una richiesta di riconsiderazione per domandare di essere riammessi negli indici.

Per rientrare invece da una penalizzazione, è sufficiente effettuare una revisione come quella qui presentata, armarsi di pazienza e attendere che sia il motore, ed i suoi algoritmi, ad accorgersi delle nostre modifiche e a riposizionare il sito come merita.

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