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Sui curriculum scolastici e universitari

Un interessante dibattito sul modo migliore di organizzare il curriculum di studi nelle discipline informatiche.
Un interessante dibattito sul modo migliore di organizzare il curriculum di studi nelle discipline informatiche.
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L'altro giorno parlavo con un mio amico musicista che lamentava la triste condizione dei conservatori italiani, soprattutto per quel che riguarda i programmi e i metodi di studio. Secondo lui (che è un fenomeno ma praticamente autodidatta e armato solo di talento e passione) è tutto tempo sprecato. Tipico pregiudizio anti-accademico?

Fatto sta che ieri mi sono ritrovato di fronte ad argomenti simili leggendo questo post di Mark Turansky. Prima di scendere nei dettagli è necessaria una breve premessa.

Il post è la risposta ad un intervento di Joel Spolsky in cui viene espressa una tesi ben precisa (scusatemi la sintesi brutale): le università  di oggi (parla della realtà  americana) hanno di fatto rinunciato a curriculum di studio tosti e selettivi come quelli di qualche anno fa (anni in cui i tassi di abbandono nei corsi di Computer Science erano pertanto elevatissimi) lasciando spazio a programmi quasi completamente incentrati su Java, come richiesto essenzialmente dalle aziende. L'attacco è frontale:

Quello che vorrei chiarire a tutti è che Java non è, in genere, un linguaggio di programmazione sufficientemente difficile per distinguere tra un grande programmatore e uno mediocre.[...]

Ma le JavaSchols (è il modo in cui definisce con sarcasmo le università  americane di oggi) falliscono anche nell'esercitare le menti dei giovani ad essere intelligenti, agili e flessibili abbastanza per progettare buon software.

La replica di Turanski si fonda su un argomento semplice semplice, partendo dall'esempio dell'architetto. Sa ovviamente che la statica di un edificio poggia su leggi e fenomeni della fisica, ma per costruire un edificio solido, rispettando i tempi e il budget, non ha certo bisogno di una laurea avanzata in fisica. Ovvero:

La maggior parte delle aziende non hanno bisogno di computer scientists che conoscono in modo approfondito l'algebra relazionale. Hanno solo bisogno di sviluppatori di applicazioni efficienti e pragmatici che sanno che esiste l'algebra relazionale e che essa è alla base del modo in cui sono costruiti i moderni database. Conoscere la teoria relazionale ad un livello superficiale è sufficiente per sfruttarla applicando il giusto livello di normalizzazione nella progettazione di un database.

Insomma, sembra il vecchio e mai morto dibattito 'teoria' vs. 'pratica'. Meglio: tra scienza e ricerca pure e applicazione pratica delle stesse. In mezzo un sistema educativo che dovrebbe scegliere tra l'una e l'altra via. Magari cercando di contemplarle entrambe e armonizzarle.

A tutti gli studenti vecchi e in corso (anche fuori corso :) ): cosa ne pensate in base alle vostre esperienze nelle università  italiane?

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